Due certezze, una certezza

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Neppure l’ingegno di Leonardo da Vinci,
neanche l’estro di Dante Alighieri,
nemmeno l’inventiva di Mary Shelley
riuscirebbero mai a crear di fantasia
donna perfetta, senza macchia come te.
Quando la sete, come bestia, ringhia
e ci si trova nel deserto circoscritti
da dune di sabbia e sibilo di vento
aggravante l’arsura generale,
la mente dà al miraggio il benvenuto
poiché ingannevole quanto serve
a resistere un’altra mezz’ora.
Amore di vecchia origine solo
ci stringe con le sue braccia larghe,
e (si sa) quando due noci
sono afferrate d’una sola mano
non così forte da romperne
i gusci l’un contro l’altro compressi,
i due frutti all’interno degl’involucri
si concupiscono vicinissimi
e la loro felicità appar esemplare.
Oltre l’orizzonte tu cosa vedi?
Io niente ancora, però almeno
posso rivolgere il guardo
nella sola direzione incantata
e sai cosa ti dico? A me basta.
Vederti libera e non entro gabbia
di adattamento ad altri che non ami,
t’ingrossa, t’ingrazia nel mio petto.
Tu, e per inibizione accetta
che ti chiami “Tu” e non Serena,
ad esempio, sei l’invenzione
del primissimo placebo curativo
non soltanto dal lato psichico.
Sei il primo boccio nella rugiada
che si sbraccia celebrando primavera,
sei il lavacro dopo l’infangata,
sei quanto a me basta
per credere. E quando si ha fede,
tutto il Mondo assume un senso.
Così attenta e dura con te stessa
nel curar la forma e tua bellezza,
il risultato in pieno ti premia
e benefica me essendo oggi
il laghetto in cui si specchia Narciso
(non che a tale figura mi avvicini io)
e godo a mio modo dell’amore mio.
Mentre cammini nella mia vita,
saccheggia tesoro: fra le macerie
cresce protetto il fiore per miracolo
nato da lontanissimo azzardo,
da un coraggio fermo che emerge
quando l’ambizione è gigante.
Or che ci ripenso: forse Dante,
forse l’enorme Leonardo da Vinci
avrebbero potuto creare per artifizio
l’amor che ci tiene e non allenta
la stretta. Forse sì loro fulgore.
Vissuti e morti da secoli. No l’amore
di cui ci fecimo carico, l’enorme.

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