Faccia fra facce

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Dura cosa è l’essere poveri,
ma ben peggiore è diventarlo
dopo lunghi anni di agi.
L’adattamento richiede tempo
di per sé: lo spirito obbligato
si contrae prima di chinar il capo.
È in ogni caso forzatura:
un collare che toglie il fiato
mano a mano ci si opponga.
Detto da cuoco ‘amalgamare’
appare termine delizioso;
fra le fauci d’un randagio
di natura, indica il collare.
È bello chiamarsi Nessuno
in una folla di sconosciuti
immischiato per puro caso.
Mi fa male un ginocchio
a dispetto di un altro
a cui prude il naso solo.
È meraviglioso l’ignoto
che si è in questo Mondo
fatto di spiriti sotto il sole,
cioè di micro-nebulose
atterrate qui per sbaglio,
perciò tremanti alla vista
di stracci o aspirapolvere
vecchi con sacche lerce.
Una faccia fra facce
soffre, gaude, s’abbatte,
si consola restando ignota.
Ci si conforma a tutto
se non si han alternative;
ma diventar d’emblée povero
ha un non so che di disgustoso.

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