La goccia che senza sosta
stilla da vecchio rubinetto
dimenticato dal genere umano,
nello spazio di lustri
scalcina anche il cemento
su cui batte mirata.
Così anche il nostro amore
che, dopo tutto il tempo
passato dal primo sboccio,
tien duro, anzi germoglia
ancora nel giardino
che tu innaffi premurosa
e io aro, poto, sdrizzo.
In tua venerea riunione
gli accidenti restan altrove
poiché tu li scacci
con la complessa semplicità
che t’innalza l’anima.
Faccio ognora più fatica,
come vedi, a non ripetermi
caracollando nel banale
quando tratto sulle tue grazie
e una lacrima incendia
la carta su cui sto stilando.
Questo so fare io:
scrivere “ti amo” su di un foglio
e consegnarlo a un colombo.
E non è Dante, non è Saba
a suggerirmi una lode a te
per certi versi mai espressa:
simili rapporti son da vivere
in tutta la loro magia,
nascondendone a Tizio
l’immenso luccichio,
celando a Caio
l’unicità di tale affetto,
confessandolo a Sempronio
per vederne uno invidioso.